LA RIFORMA DEI CONTRATTI A TERMINE

Attraverso il c.d. Decreto lavoro 2023 (D.L. n. 48/2023) il governo Meloni ha introdotto alcune importanti novità per i contratti a tempo determinato, cercando di garantire una maggiore flessibilità per le imprese senza però ridurre le tutele previste a beneficio dei lavoratori.

A differenza di quanto era stato ipotizzato nelle settimane che hanno preceduto la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del sopracitato decreto, la materia dei contratti a termine non è stata completamente stravolta, ma sono state effettuate alcune modifiche mirate alle causali introdotte nel 2018 con il c.d. Decreto dignità (decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 e convertito dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96). Attraverso quest’ultimo disposto legislativo infatti, non solo venne ridotta la durata massima dei rapporti a termine da 36 a 24 mesi, ma fu previsto l’obbligo nei contratti di assunzione, se di durata superiore a 12 mesi, e nei contratti di rinnovo o di proroga, se il rapporto di lavoro complessivamente superava i 12 mesi, l’indicazione di una tra le seguenti causali:

  1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  2. esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  3. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Queste e solo queste erano fino al mese di maggio di quest’anno le uniche ragioni specifiche e legalmente ammissibili che giustificavano l’utilizzo di un contratto di lavoro a tempo determinato (oltre i 12 mesi) anziché un contratto a tempo indeterminato.

Con l’art. 24 del Decreto Lavoro 2023 però queste causali sono state modificate e rielaborate e si è giunti ad una nuova strutturazione delle stesse che prevede che sia possibile ricorre ai contratti a termine, con durata su superiore a 12 mesi per:

  • specifiche esigenze previste dai CCNLstipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti e non previste dai CCNL, previa certificazione delle stesse presso una commissione di certificazione, di cui agli artt. 75 e ss. D.Lgs. n. 276/2003.
  • esigenze legate alla sostituzione di altro personale dipendente.

Da una parte dunque rispetto al provvedimento precedente sono state eliminate due causali: quella che faceva riferimento ad esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività e quella relativa ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Dall’altra parte però, per garantire un certo grado di flessibilità alla parte datoriale, sono state introdotte due nuove causali che rimandano alla contrattazione collettiva, oppure, in mancanza di essa, direttamente alle parti contrattuali, ovvero datore di lavoro e lavoratore, per ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo. 

Si ritiene necessario sottolineare che in quest’ultimo caso le parti hanno una precisa scadenza per identificare i casi in cui poter sottoscrivere contratti di durata superiore a 12 mesi: questi potranno farlo infatti entro e non oltre il 30 aprile 2024. Inoltre, on d’evitare che il lavoratore impugni la causale nel caso in cui alla scadenza naturale il rapporto di lavoro non venga stabilizzato, è quantomai necessario definire, al momento della stipula del contratto con il lavoratore, in maniera specifica e minuziosa le sopracitate “esigenze di natura tecnica, organizza o produttiva” evitando, in maniera semplicistica, di limitarsi a rimandare alla legge alla quale si fa riferimento.

Si evidenzia infine che con le modifiche introdotte dal Decreto lavoro non è stata modificata la durata massima dei contratti a termine che rimane pari a 24 mesi e che le nuove causali non si applicano:

  • ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
  • ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l'innovazione;
  • ai contratti stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all'innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa.

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